Cosa si può fare per affrontare lo stress da rientro dalle vacanze
Lo stress da rientro viene definito come un stato di malessere generale accompagnato da stanchezza, irritabilità, nervosismo, leggera depressione; spesso ci si sente fisicamente appesantiti, psicologicamente non pronti, schiacciati dal senso di responsabilità e dai compiti incombenti.
Solitamente vengono consigliati alcuni semplici accorgimenti, che riguardano il portarsi con sé stili di comportamento che in vacanza ci hanno procurato benessere, come cercare di dormire di più, prendersi cura del proprio corpo con un’alimentazione sana e un po’ di attività fisica, continuare a dedicare del tempo alla famiglia e al partner, proprio come si tende a fare maggiormente durante le vacanze.
Oltre a tali abitudini, forse però è ancora più importante cercare di portarsi dietro quel sentimento di libertà sperimentato in vacanza nel seguire i propri tempi ed esigenze, nel coltivare i propri interessi e affetti, che si teme di perdere tornando alla vita lavorativa, e la cui perdita è causa di stress.
La ripresa del lavoro, il rientro a scuola dei propri figli, e altri impegni, sono caratterizzati nel nostro immaginario e anche nella realtà quotidiana, da orari, ritmi, regole, aspettative definite da altri più che da noi.
In vacanza abbiamo il principale obiettivo di rendere felici e appagati noi, sul lavoro gli altri: capoufficio, clienti, etc. E così nella nostra mente si profila una netta contrapposizione fra libertà e autodeterminazione da un lato e vincoli, limiti, costrizioni dall’altro.
E’ importante però chiedersi se tale contrapposizione netta sia corretta; e se sia inevitabile perdere quel sentimento di libertà di cui parlavo prima, o non sia invece possibile portarselo dietro nella vita di tutti i giorni, e farne il centro organizzatore del proprio agire.
La libertà, intesa come autonomia, in realtà non è l’essere completamente sciolti da vincoli, ma operare scelte facendo riferimento a sé e non a qualche autorità superiore, magari dopo essersi informati e confrontati, e mettendo in conto la possibilità di sbagliare.
“La libertà non è il volo libero di un moscone, la libertà è partecipazione” (Giorgio Gaber). Cioè comprende l’altro, che ci pone comunque limiti.
La libertà assoluta sciolta da vincoli non è praticabile, è solo una fantasia di libertà; e non perché abbiamo vite troppo complicate o piene di impegni o dobbiamo soddisfare troppo le aspettative altrui,… neanche in vacanza abbiamo sperimentato una tale libertà assoluta (ad es. decidiamo di fare un’escursione, e poi piove o nostro figlio si ammala …).
Il fare affidamento su di sé nell’operare scelte non vuol dire essere sciolti da vincoli posti dall’esterno, ma vuol dire fare riferimento a sé nel gestire gli impegni: ci sono tanti modi differenti di rispondere agli impegni quanti sono gli individui.
Non solo per ridurre lo stress da rientro, ma per sfruttare le vacanza come occasione trasformativa, può essere utile farsi carico di tale proprio desiderio di libertà, sano e legittimo, rendendolo però più realistico e praticabile.
Tale libertà implica il non dare per scontato che ci sia una risposta preconfezionata ai nostri dubbi e scelte, il fare riferimento a sé nelle scelte quotidiane, sapendo di poter sbagliare e di procedere per tentativi ed errori.
Può essere utile aumentare le proprie conoscenze, informazioni, e stimoli, attraverso internet, la lettura di giornali di moda, la visione di programmi di cucina ..., però poi è ognuno di noi che reinterpreta i dettami della moda in base al proprio gusto e al proprio fisico, le ricette di cucina in base al proprio gusto e a quello di marito e figli, e in base alle proprie disponibilità, aggiungendo, togliendo o modificando ingredienti, alla ricerca di ciò che è meglio per noi.
Ciò che limita, ma allo stesso tempo rende praticabile la propria libertà è la natura della scelta (prendo un’alternativa e ne scarto un’altra) e la possibilità dell’errore, che non dipende dal fatto che non siamo sufficientemente esperti, ma che non possiamo conoscere o prevedere tutti i fattori presenti o intervenienti nell’immediato futuro.
Ad es. preparo un piatto che penso piaccia molto al mio partner, e poi quella sera lui è un po’ indisposto o preferisce mangiare più leggero; mi iscrivo ad un corso di acquagym, di fotografia o altro, che non si rivela all’altezza delle mie aspettative, o nel frattempo mi sono maturate dentro altre esigenze … (infatti, oltre a non dipendere dalla nostra decisione tanti fattori esterni, non dipendono da essa neanche emozioni, sentimenti, esigenze) … se ne può prendere atto e muoversi di conseguenza, per es. modificando decisioni prese, tornando indietro da strade che si rivelano con il senno di poi poco utili, quando ciò è possibile.
Solo mettendo in conto tali limiti (dover rinunciare inevitabilmente a qualcosa o la possibilità quotidiana dell’errore e gli aggiustamenti continui di esso) si possono effettivamente praticare delle scelte facendo riferimento a sé. Diversamente si è costretti ad affidare le proprie decisioni ad altri (genitori, partner, giornali di moda, ricettari, etc.) nell’illusione di evitare l’errore e rinunciando così alla libertà di scegliere secondo i propri criteri.
Lo stress da rientro viene definito come un stato di malessere generale accompagnato da stanchezza, irritabilità, nervosismo, leggera depressione; spesso ci si sente fisicamente appesantiti, psicologicamente non pronti, schiacciati dal senso di responsabilità e dai compiti incombenti.
Solitamente vengono consigliati alcuni semplici accorgimenti, che riguardano il portarsi con sé stili di comportamento che in vacanza ci hanno procurato benessere, come cercare di dormire di più, prendersi cura del proprio corpo con un’alimentazione sana e un po’ di attività fisica, continuare a dedicare del tempo alla famiglia e al partner, proprio come si tende a fare maggiormente durante le vacanze.
Oltre a tali abitudini, forse però è ancora più importante cercare di portarsi dietro quel sentimento di libertà sperimentato in vacanza nel seguire i propri tempi ed esigenze, nel coltivare i propri interessi e affetti, che si teme di perdere tornando alla vita lavorativa, e la cui perdita è causa di stress.
La ripresa del lavoro, il rientro a scuola dei propri figli, e altri impegni, sono caratterizzati nel nostro immaginario e anche nella realtà quotidiana, da orari, ritmi, regole, aspettative definite da altri più che da noi.
In vacanza abbiamo il principale obiettivo di rendere felici e appagati noi, sul lavoro gli altri: capoufficio, clienti, etc. E così nella nostra mente si profila una netta contrapposizione fra libertà e autodeterminazione da un lato e vincoli, limiti, costrizioni dall’altro.
E’ importante però chiedersi se tale contrapposizione netta sia corretta; e se sia inevitabile perdere quel sentimento di libertà di cui parlavo prima, o non sia invece possibile portarselo dietro nella vita di tutti i giorni, e farne il centro organizzatore del proprio agire.
La libertà, intesa come autonomia, in realtà non è l’essere completamente sciolti da vincoli, ma operare scelte facendo riferimento a sé e non a qualche autorità superiore, magari dopo essersi informati e confrontati, e mettendo in conto la possibilità di sbagliare.
“La libertà non è il volo libero di un moscone, la libertà è partecipazione” (Giorgio Gaber). Cioè comprende l’altro, che ci pone comunque limiti.
La libertà assoluta sciolta da vincoli non è praticabile, è solo una fantasia di libertà; e non perché abbiamo vite troppo complicate o piene di impegni o dobbiamo soddisfare troppo le aspettative altrui,… neanche in vacanza abbiamo sperimentato una tale libertà assoluta (ad es. decidiamo di fare un’escursione, e poi piove o nostro figlio si ammala …).
Il fare affidamento su di sé nell’operare scelte non vuol dire essere sciolti da vincoli posti dall’esterno, ma vuol dire fare riferimento a sé nel gestire gli impegni: ci sono tanti modi differenti di rispondere agli impegni quanti sono gli individui.
Non solo per ridurre lo stress da rientro, ma per sfruttare le vacanza come occasione trasformativa, può essere utile farsi carico di tale proprio desiderio di libertà, sano e legittimo, rendendolo però più realistico e praticabile.
Tale libertà implica il non dare per scontato che ci sia una risposta preconfezionata ai nostri dubbi e scelte, il fare riferimento a sé nelle scelte quotidiane, sapendo di poter sbagliare e di procedere per tentativi ed errori.
Può essere utile aumentare le proprie conoscenze, informazioni, e stimoli, attraverso internet, la lettura di giornali di moda, la visione di programmi di cucina ..., però poi è ognuno di noi che reinterpreta i dettami della moda in base al proprio gusto e al proprio fisico, le ricette di cucina in base al proprio gusto e a quello di marito e figli, e in base alle proprie disponibilità, aggiungendo, togliendo o modificando ingredienti, alla ricerca di ciò che è meglio per noi.
Ciò che limita, ma allo stesso tempo rende praticabile la propria libertà è la natura della scelta (prendo un’alternativa e ne scarto un’altra) e la possibilità dell’errore, che non dipende dal fatto che non siamo sufficientemente esperti, ma che non possiamo conoscere o prevedere tutti i fattori presenti o intervenienti nell’immediato futuro.
Ad es. preparo un piatto che penso piaccia molto al mio partner, e poi quella sera lui è un po’ indisposto o preferisce mangiare più leggero; mi iscrivo ad un corso di acquagym, di fotografia o altro, che non si rivela all’altezza delle mie aspettative, o nel frattempo mi sono maturate dentro altre esigenze … (infatti, oltre a non dipendere dalla nostra decisione tanti fattori esterni, non dipendono da essa neanche emozioni, sentimenti, esigenze) … se ne può prendere atto e muoversi di conseguenza, per es. modificando decisioni prese, tornando indietro da strade che si rivelano con il senno di poi poco utili, quando ciò è possibile.
Solo mettendo in conto tali limiti (dover rinunciare inevitabilmente a qualcosa o la possibilità quotidiana dell’errore e gli aggiustamenti continui di esso) si possono effettivamente praticare delle scelte facendo riferimento a sé. Diversamente si è costretti ad affidare le proprie decisioni ad altri (genitori, partner, giornali di moda, ricettari, etc.) nell’illusione di evitare l’errore e rinunciando così alla libertà di scegliere secondo i propri criteri.