Le separazioni, come sappiamo, sono sempre dolorose. Ma ve ne sono alcune più drammatiche e laceranti di altre: ciò accade quando i rapporti tra i due ex coniugi restano a lungo altamente conflittuali, recriminatori, accusatori. In questi casi i figli vengono a volte esplicitamente ‘presi in mezzo’, cioè chiamati ad allearsi con l’uno dei due contro l’altro. Questa situazione, come è facile immaginare, può provocare sofferenza, disagio, a volte sintomi, nei figli o in uno dei figli.
In questi casi può presentarsi un ulteriore ostacolo. Poiché per seguire in psicoterapia un minore è necessario l’assenso esplicito e scritto di entrambi i genitori (codice deontologico psicologi), può accadere che quando l’uno dei due genitori propone un aiuto psicologico per il figlio, l’altro non acconsenta – e ciò non necessariamente perché non ritiene utile l’intervento dello psicologo, ma proprio per contrapporsi all’ex coniuge.
Come può comportarsi in questi casi il genitore separato che, vedendo il figlio soffrire, vorrebbe aiutarlo facendolo seguire in psicoterapia, ma non riesce a convincere l’ex coniuge ad acconsentire? Il genitore può rivolgersi a uno psicologo per una consulenza genitoriale specifica, che almeno inizialmente non coinvolge né il figlio né l’ex coniuge.
Lo psicologo lavorerà con il genitore facendo leva sulla sua disponibilità a mettersi in gioco al fine di aiutare il figlio. Innanzi tutto cercherà di capire con il genitore le manifestazioni di sofferenza e di disagio del figlio: cosa sta ‘dicendo’ il figlio con il suo comportamento o i suoi sintomi? Sta comunicando qualcosa ai due genitori? E quali emozioni provoca quel disagio nel genitore? Potrebbe il genitore, pur senza volerlo, rispondere in un modo che non aiuta il figlio?
Un tema forse più difficile che lo psicologo può affrontare con il genitore disponibile è il conflitto di coppia ancora aperto. Anche in questo caso ci si può domandare: il genitore non risponde all’ex coniuge con modalità che possono alimentare il conflitto? E come invece potrebbe comportarsi per ridurre la conflittualità? Questo lavoro può risultare utilissimo.
Ricordo una mamma disperata ma molto disponibile a mettersi in discussione: al termine di questo lavoro abbiamo potuto scrivere una breve lettera all’ex coniuge in cui lei riconosceva innanzi tutto la propria parte nel mantenere aperto il conflitto ed esprimeva tutta la sua preoccupazione per il figlio. A seguito di questa lettera l’ex coniuge ha accettato di partecipare a un incontro, e ha poi acconsentito a che il figlio fosse seguito in psicoterapia. Nei fatti ho visto il figlio una volta con la mamma, una volta con il papà e solo alcune volte individualmente. Il disagio del bambino è rientrato quasi subito non appena la conflittualità tra i genitori è diminuita.
In questi casi può presentarsi un ulteriore ostacolo. Poiché per seguire in psicoterapia un minore è necessario l’assenso esplicito e scritto di entrambi i genitori (codice deontologico psicologi), può accadere che quando l’uno dei due genitori propone un aiuto psicologico per il figlio, l’altro non acconsenta – e ciò non necessariamente perché non ritiene utile l’intervento dello psicologo, ma proprio per contrapporsi all’ex coniuge.
Come può comportarsi in questi casi il genitore separato che, vedendo il figlio soffrire, vorrebbe aiutarlo facendolo seguire in psicoterapia, ma non riesce a convincere l’ex coniuge ad acconsentire? Il genitore può rivolgersi a uno psicologo per una consulenza genitoriale specifica, che almeno inizialmente non coinvolge né il figlio né l’ex coniuge.
Lo psicologo lavorerà con il genitore facendo leva sulla sua disponibilità a mettersi in gioco al fine di aiutare il figlio. Innanzi tutto cercherà di capire con il genitore le manifestazioni di sofferenza e di disagio del figlio: cosa sta ‘dicendo’ il figlio con il suo comportamento o i suoi sintomi? Sta comunicando qualcosa ai due genitori? E quali emozioni provoca quel disagio nel genitore? Potrebbe il genitore, pur senza volerlo, rispondere in un modo che non aiuta il figlio?
Un tema forse più difficile che lo psicologo può affrontare con il genitore disponibile è il conflitto di coppia ancora aperto. Anche in questo caso ci si può domandare: il genitore non risponde all’ex coniuge con modalità che possono alimentare il conflitto? E come invece potrebbe comportarsi per ridurre la conflittualità? Questo lavoro può risultare utilissimo.
Ricordo una mamma disperata ma molto disponibile a mettersi in discussione: al termine di questo lavoro abbiamo potuto scrivere una breve lettera all’ex coniuge in cui lei riconosceva innanzi tutto la propria parte nel mantenere aperto il conflitto ed esprimeva tutta la sua preoccupazione per il figlio. A seguito di questa lettera l’ex coniuge ha accettato di partecipare a un incontro, e ha poi acconsentito a che il figlio fosse seguito in psicoterapia. Nei fatti ho visto il figlio una volta con la mamma, una volta con il papà e solo alcune volte individualmente. Il disagio del bambino è rientrato quasi subito non appena la conflittualità tra i genitori è diminuita.