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valeria rosso psicologo psicoterapeuta torino
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Guardandola attraversare il parcheggio, Isabelle riconobbe improvvisamente nell’andatura di Amy una certa insicurezza che aveva avuto anche da bambina. Nella gradevole simmetria delle gambe che ora si allontanavano, Isabelle notò il consueto leggero ripiegarsi in dentro del piede destro: con questa imperfezione dell’andatura, appena percettibile, affiorava, come sempre, un soffio di timidezza, come se la ragazza portasse con sé due parole delicate e non dette: “Ho paura”.

Prendo spunto dal romanzo “Amy e Isabelle” di Elisabeth Strout, lieve e spietato allo stesso tempo, per scrivere del peso che alcuni segreti possono avere nelle relazioni familiari, e dell’importanza di poterli invece condividere.
Il romanzo è ambientato in una cittadina anonima della provincia americana, durante un’estate straordinariamente torrida, e racconta di un microcosmo di donne, impiegate presso gli uffici di una fabbrica locale. Tra queste c’è Isabelle, ancora giovane, che tenta di celare il proprio misterioso passato dietro una facciata di decoro e perbenismo; e c’è la figlia Amy, una timida adolescente con un segreto che non riesce a tenere nascosto. Il rapporto tra le due è teso, intessuto di cose non dette e di una reciproca incomprensione che si trasforma in aperta ostilità quando la madre scopre nella figlia l’esuberanza e la voglia di vivere che un tempo erano state le sue, il suo stesso desiderio di darsi a un altro e di essere amata.
I segreti pesano e agiscono sul rapporto madre figlia, e sui timori della madre che la figlia faccia i suoi stessi errori. La paura si trasforma in durezza nei confronti della figlia, che a sua volta inizia a temere la madre. E ciò che è più drammatico è che avviene al di là della volontà e consapevolezza di Isabelle.

“Sconcertante che si potesse far del male ad una figlia senza neppure saperlo, e anzi credendo per tutto il tempo di essere genitori attenti e coscienziosi. Ma era una sensazione terribile. (…) Sapere che sua figlia era cresciuta nella paura. Solo che era assurdo, era tutto alla rovescia, perché, pensò Isabelle, voltandosi ancora a dare un’occhiata alla figlia, ero io ad avere paura di te.”

Solo nel momento in cui Isabelle, grazie al consolidarsi di legami di amicizia al femminile, riesce a condividere con le amiche il suo segreto, e successivamente, su loro consiglio, con la stessa figlia Amy, … solo allora si apre una possibilità di rapporto, in cui ci sia spazio anche per il dialogo, per il riconoscimento reciproco, per la scoperta delle proprie differenze.
Per Amy diventa così possibile affacciarsi al mondo adulto, con tutta l’eredità materna, che però ora non è più inconsapevole condizionamento, ma anche con la propria personalità e singolarità.
Talvolta nelle relazioni familiari può essere importante che ciò che è nascosto per paura o pudore, e che dal suo segreto agisce e condiziona, possa essere invece comunicato e condiviso, e divenga patrimonio comune dei membri della famiglia. Ciò permette ad ognuno di riconoscere legami, ma anche di differenziarsi e di prendere la propria personale posizione rispetto a ciò che è stato.
Tale rivelazione/condivisione che si é potuta realizzare nella vita di Isabelle, ha aperto nuove possibilità di realizzazione e di progettazione autonoma per Amy, la ragazza, ma anche per la stessa Isabelle, oltre ad una maggiore comprensione e calore nel loro rapporto.
Talvolta uno degli obiettivi della psicoterapia individuale, familiare o di coppia, è proprio creare il contesto adatto perché si possano verificare tali rivelazioni/condivisioni, e se ne possa fare buon uso, per migliorare le relazioni e il benessere dei singoli.

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