Avendo recentemente visto il film "Burning" di Lee Chang-dong presentato a Cannes nel 2018, ed essendone rimasta affascinata, vorrei proporne una possibile lettura, come racconto di formazione.
Liberamente ispirato a un racconto breve di Haruki Murakami (“Granai incendiati”), il film si presenta come un thriller ma è in realtà un affascinante discorso sul mistero della vita, e sul labirintico percorso di un giovane coreano per diventare adulto.
Si intrecciano le storie di tre giovani nella Corea del Sud, in parte a Seul e in parte nella campagna a ridosso del confine con la Corea del Nord, di cui si avverte la propaganda trasmessa dagli altoparlanti. Il protagonista Jongsu è un aspirante scrittore che si mantiene con umili lavoretti, il cui padre, agricoltore, è sotto processo per comportamenti violenti, e la cui madre si allontanò da casa per sottrarsi alla violenza del marito quando Jongsu e la sorella erano bambini. Haemi è una ragazza intrigante e misteriosa, amica d’infanzia di Jongsu, che, quando i due si reincontrano per caso a Seul, lo seduce con la sua mimica e i suoi affascinanti racconti sulle danze tribali africane. L’incontro è fugace, perché Haemi sta partendo per l’Africa, alla scoperta dei movimenti coreutici dei ‘piccoli affamati’ (coloro che hanno fame di beni materiali) e soprattutto dei ‘grandi affamati’ (coloro che invece hanno fame del senso della vita). Ben, ricco enigmatico e seducente, compare al fianco di Haemi quando Jongsu va a prenderla all’aeroporto di ritorno dall’Africa. Haemi e Ben sembrano fare coppia, ma in modo ambiguo e non ben definito, tanto che coinvolgono sovente Jongsu in incontri tra loro tre e con amici. Ben si rivela affabile e scaltro, sembra pronto ad approfittare, e anche a ridere segretamente, di Haemi, mentre Jonsu non riesce né a dichiararsi alla ragazza, né a metterla in guardia dal sottile pericolo che avverte, né ad affrontare apertamente Ben.
La scena centrale vede i tre nel casolare di campagna di Jongsu, in un tramonto dalla luce incantata, in cui Haemi mette in scena, a torso nudo, la danza dei ‘grandi affamati’, Jonsu confessa a Ben il suo amore per la ragazza, e Ben rivela a Jonsu il suo inquietante passatempo: dare fuoco alle serre abbandonate. Da quel momento Haemi sparisce, Jonsu si aggira tra le serre abbandonate, cerca disperatamente l’amica, spia Ben e insegue più volte la sua auto di lusso. Ben, che già si accompagna a una nuova ragazza, non appare turbato dall’incontrare Jonsu, e dichiara di non sapere più nulla di Haemi - ma Jonsu, e lo spettatore, restano nel dubbio.
Le possibili angolazioni di lettura di questo film enigmatico sono molteplici. Quella che qui suggerisco si basa sul fatto che Ben viene proposto dal regista come il personaggio più misterioso: non sappiamo quale sia l’attività che lo rende così ricco e nulla sappiamo della sua famiglia, quasi che non abbia né un lavoro né una storia. Egli dimostra inoltre un misterioso distacco dalle emozioni, dalle passioni e dai sentimenti umani. Il suo apparire così disincarnato mi fa pensare a Ben come una sorta di alter ego di Jonsu, una rappresentazione dei suoi fantasmi.
Ben che brucia le serre evoca per Jonsu Il fantasma di un padre violento, che l’ha costretto bambino a bruciare i vestiti della madre. Rispetto a tale figura paterna, Jonsu sembra provare rabbia, ma anche affetto; capacità di prenderne le distanze e di rappresentarsi in modo diverso (come aspirante scrittore), covandone però in grembo forse la medesima violenza. Quando Jonsu vaga tra le serre abbandonate, non si capisce se voglia prevenire e evitare il rogo, o piuttosto agire la passione incendiaria di Ben, prima di lui e al suo posto.
Un altro fantasma con cui Jonsu si confronta, vivendo la misteriosa sparizione di Haemi, e sospettandone la responsabilità di Ben, è il fantasma dell’abbandono e sparizione della madre, subiti da bambino.
Su un altro piano di lettura, Ben può rappresentare inoltre per Jonsu una sorta di metafora della vita, enigmatica e nello stesso tempo pressante: vita che resta incomprensibile ma, proprio per questo, costringe a prendere decisioni e ad agire. Fino a quando nel finale Jonsu compie un’azione violenta, che, se interpretata letteralmente, non può che essere considerata immorale e distruttiva, ma nella lettura metaforica che vi propongo, può essere vista come capacità di Jonsu finalmente di agire. Probabilmente se fin dall’inizio fosse stato in grado di mettere in guardia Haemi da Ben, ma soprattutto di dichiararsi a lei, tutta la storia avrebbe preso una piega diversa, ed Haemi forse non sarebbe sparita.
Nella scena finale Jonsu, che si allontana nudo sul suo camioncino e si lascia alle spalle un rogo nello specchietto retrovisore, potrebbe aver finalmente preso le distanze dai suoi fantasmi ed esperienze infantili traumatiche, ed essere diventato un uomo adulto in grado di tracciare una propria storia, diversa da quella subita in passato. In questo Ben è stato anche un mentore per Jonsu, invitandolo ripetutamente a sintonizzarsi con la propria energia vitale.
Spesso la vita ci ripropone situazioni simili a quelle vissute in passato, e più ancora siamo noi ad interpretarle in continuità con il passato, soprattutto se traumatiche, fino a quando facendo appello alla nostra energia vitale e soggettività, e acquistando fiducia in noi stessi, ne diamo una diversa interpretazione e ci legittimiamo finalmente ad agire, prendendone le distanze.
Liberamente ispirato a un racconto breve di Haruki Murakami (“Granai incendiati”), il film si presenta come un thriller ma è in realtà un affascinante discorso sul mistero della vita, e sul labirintico percorso di un giovane coreano per diventare adulto.
Si intrecciano le storie di tre giovani nella Corea del Sud, in parte a Seul e in parte nella campagna a ridosso del confine con la Corea del Nord, di cui si avverte la propaganda trasmessa dagli altoparlanti. Il protagonista Jongsu è un aspirante scrittore che si mantiene con umili lavoretti, il cui padre, agricoltore, è sotto processo per comportamenti violenti, e la cui madre si allontanò da casa per sottrarsi alla violenza del marito quando Jongsu e la sorella erano bambini. Haemi è una ragazza intrigante e misteriosa, amica d’infanzia di Jongsu, che, quando i due si reincontrano per caso a Seul, lo seduce con la sua mimica e i suoi affascinanti racconti sulle danze tribali africane. L’incontro è fugace, perché Haemi sta partendo per l’Africa, alla scoperta dei movimenti coreutici dei ‘piccoli affamati’ (coloro che hanno fame di beni materiali) e soprattutto dei ‘grandi affamati’ (coloro che invece hanno fame del senso della vita). Ben, ricco enigmatico e seducente, compare al fianco di Haemi quando Jongsu va a prenderla all’aeroporto di ritorno dall’Africa. Haemi e Ben sembrano fare coppia, ma in modo ambiguo e non ben definito, tanto che coinvolgono sovente Jongsu in incontri tra loro tre e con amici. Ben si rivela affabile e scaltro, sembra pronto ad approfittare, e anche a ridere segretamente, di Haemi, mentre Jonsu non riesce né a dichiararsi alla ragazza, né a metterla in guardia dal sottile pericolo che avverte, né ad affrontare apertamente Ben.
La scena centrale vede i tre nel casolare di campagna di Jongsu, in un tramonto dalla luce incantata, in cui Haemi mette in scena, a torso nudo, la danza dei ‘grandi affamati’, Jonsu confessa a Ben il suo amore per la ragazza, e Ben rivela a Jonsu il suo inquietante passatempo: dare fuoco alle serre abbandonate. Da quel momento Haemi sparisce, Jonsu si aggira tra le serre abbandonate, cerca disperatamente l’amica, spia Ben e insegue più volte la sua auto di lusso. Ben, che già si accompagna a una nuova ragazza, non appare turbato dall’incontrare Jonsu, e dichiara di non sapere più nulla di Haemi - ma Jonsu, e lo spettatore, restano nel dubbio.
Le possibili angolazioni di lettura di questo film enigmatico sono molteplici. Quella che qui suggerisco si basa sul fatto che Ben viene proposto dal regista come il personaggio più misterioso: non sappiamo quale sia l’attività che lo rende così ricco e nulla sappiamo della sua famiglia, quasi che non abbia né un lavoro né una storia. Egli dimostra inoltre un misterioso distacco dalle emozioni, dalle passioni e dai sentimenti umani. Il suo apparire così disincarnato mi fa pensare a Ben come una sorta di alter ego di Jonsu, una rappresentazione dei suoi fantasmi.
Ben che brucia le serre evoca per Jonsu Il fantasma di un padre violento, che l’ha costretto bambino a bruciare i vestiti della madre. Rispetto a tale figura paterna, Jonsu sembra provare rabbia, ma anche affetto; capacità di prenderne le distanze e di rappresentarsi in modo diverso (come aspirante scrittore), covandone però in grembo forse la medesima violenza. Quando Jonsu vaga tra le serre abbandonate, non si capisce se voglia prevenire e evitare il rogo, o piuttosto agire la passione incendiaria di Ben, prima di lui e al suo posto.
Un altro fantasma con cui Jonsu si confronta, vivendo la misteriosa sparizione di Haemi, e sospettandone la responsabilità di Ben, è il fantasma dell’abbandono e sparizione della madre, subiti da bambino.
Su un altro piano di lettura, Ben può rappresentare inoltre per Jonsu una sorta di metafora della vita, enigmatica e nello stesso tempo pressante: vita che resta incomprensibile ma, proprio per questo, costringe a prendere decisioni e ad agire. Fino a quando nel finale Jonsu compie un’azione violenta, che, se interpretata letteralmente, non può che essere considerata immorale e distruttiva, ma nella lettura metaforica che vi propongo, può essere vista come capacità di Jonsu finalmente di agire. Probabilmente se fin dall’inizio fosse stato in grado di mettere in guardia Haemi da Ben, ma soprattutto di dichiararsi a lei, tutta la storia avrebbe preso una piega diversa, ed Haemi forse non sarebbe sparita.
Nella scena finale Jonsu, che si allontana nudo sul suo camioncino e si lascia alle spalle un rogo nello specchietto retrovisore, potrebbe aver finalmente preso le distanze dai suoi fantasmi ed esperienze infantili traumatiche, ed essere diventato un uomo adulto in grado di tracciare una propria storia, diversa da quella subita in passato. In questo Ben è stato anche un mentore per Jonsu, invitandolo ripetutamente a sintonizzarsi con la propria energia vitale.
Spesso la vita ci ripropone situazioni simili a quelle vissute in passato, e più ancora siamo noi ad interpretarle in continuità con il passato, soprattutto se traumatiche, fino a quando facendo appello alla nostra energia vitale e soggettività, e acquistando fiducia in noi stessi, ne diamo una diversa interpretazione e ci legittimiamo finalmente ad agire, prendendone le distanze.